Appunti a margine dei Torino Graphic Days.

Partiamo dalle domande, che resteranno senza risposta, sulla concomitanza degli eventi italiani di questo autunno 2018 sul graphic designDesign Days a Milano Brera e Torino Graphic Days: perchè? È un segno di rivalità tra le due città o pura sciatteria nella programmazione? È davvero conveniente spartirsi il pubblico, costringendo le persone interessate a scegliere? Sono poi così diversi i target?

I concept.

Ho partecipato a entrambi e questo è il mio racconto su Torino GD, dove in effetti il pubblico era composto in larga parte da studenti. Ma il livello decisamente alto delle conferenze ha attratto professionisti di tutte le età. In generale GD è stato più colloquiale, più interessato alla grafica tout court e più partecipato da docenti internazionali (in questo senso “didattico”). Fondato invece sulle esperienze professionali ma più speculativo, più volto alla ricerca e attento alle richieste e tendenze dell’industria del design, Milano.

Le mini mostre.

GD arricchiva la proposta con le mini mostre, allestite tutte in Toolbox in modo essenziale e spartano (in puro stile torinese), quella mancanza di pretese che mette tutti a proprio agio. E mentre ti concentri sul contenuto, pensi che in fondo non servono molti mezzi per fornire al visitatore risorse e stimoli utili – il che venendo da Milano è praticamente una scoperta. Simpatica quella dedicata ai The Not Yorker, The Parisiener, The Tokyonier e altre idee, illustrazioni celebrative dell’amatissima TNY.

   

 

Fondate riviste!

Con l’imbarazzo della scelta tra i vari talk, ho ritrovato un Giorgio Camuffo in ottima forma. Presentava un libro su una rivista mitica (più editoriale di così si muore): Imago, disegnata da Michele Provinciali negli anni ’60, un house organ in realtà, cioè roba del secolo scorso che dal punto di vista funzionale potrebbe essere l’antenato della newsletter aziendale. Ma Imago era molto più di questo: un cofanetto delle meraviglie che proponeva il lavoro di designer, poeti, pittori, grafici. Uno slancio umanistico e artistico per raccontare un’azienda (la fotolitografica milanese Bassoli) e costruirne un’immagine inarrivabile e consegnata alla storia (niente meno).

L’esortazione di Camuffo rivolta ai grafici è stata quella di fondare una rivista. È una cosa alla quale si è tornati a pensare oggi – diventare editori – come sfida creativa e professionale. Dopo il grande ritorno delle fanzine decade 2010 (naïf style), oggi assistiamo a una nuova epoca di editoria di nicchia di buon livello, con idee, curatele e soprattutto buona grafica.

Sexy voice.

Incontro felicissimo quello con il lavoro di Egdar Bak, esponente di punta della grafica polacca contemporanea – e anche la voce più sexy dei GD. Identità visive forti, estremamente pulite, che con il numero minimo di segni riescono a giocare tra typo e illustrazione in modo magistrale. Filip Zagórski, fondatore dello studio Type 2 e mattatore delle più importanti esperienze polacche di grafica, tipografia e didattica, e Michał Jarociński, type designer e fondatore della prima casa tipografica polacca, completavano il quadro che GD ha voluto dedicare a questa importante corrente europea.

Multiscript.

Jarociński ha mostrato quanto di un luogo, sul piano della cultura visiva, possa esserci dentro a un carattere tipografico illustrando Qandus, una typeface multiscript, magnifico progetto sviluppato in alfabeto arabico, latino e Tifinagh. Un sistema di scrittura capace di creare un trialogo tra le principali culture magrebine e innestato su una antica tradizione calligrafica. Pura poesia visiva.

 

Ma non esiste uno spot così!

Un momento divertente e rilassato (e unico in italiano) lo speech di Riccardo Catagnano della Saatchi & Saatchi. Tutto il racconto behind-the-scenes della campagna Buondì Motta: presupposti, creazione, reazione cliente, riflessioni, strategia e soprattutto gestione social, intelligentissima e preparata assai bene. Risate e “sofficiosità” in sala a riguardare insieme i vari spot. Che uno pensa alla big agency con prevenzione e noia, e invece. La pubblicità, in televisione o su youtube o facebook, ancora come lingua comune e collante sociale, anno 2018.

Dall’Olanda con furore.

E infine quei geniacci di Studio DunbarRotterdam NL. Che sono bravi da 30 anni, che il cielo li strafulmini, ma mica gli basta. Sono anche simpatici, informali, empatici e così è il loro lavoro. Giuro che mai avrei pensato si potesse stretchare un logo: e loro ci hanno costruito un’identità visiva declinata in poster digitali animati (Jeugdfonds Sport & Cultuur). Per non parlare della sintesi grafica adoperata per creare la nuova immagine dell’associazione nazionale olandese per l’Alzheimer: ancora l’alterazione creativa della tipografia che sprigiona un’idea potente. Non hanno fatto nemmeno mancare l’esperienza di grafica generativa con il lavoro per Amsterdam Sinfonietta, tutto basato su un software capace di tradurre la composizione musicale in composizione tipografica. Idea super datata, impiegata già nel multimedia, quando usavamo script per leggere le onde sonore di un brano e trarre i parametri e i keyframe per l’animazione degli oggetti grafici. Eppure il risultato freschissimo di questa applicazione riesce a parlare di innovazione. Chapeau.

Share your thoughts

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.